PROGETTO

BIOFOAM

Progetto innovativo per la ricerca e la verifica di materiali per imballaggio ecosostenibili in alternativa al Polistirolo espanso utilizzato nel settore ittico

Il progetto

L’amministrazione comunale di San Benedetto del Tronto in collaborazione con la Blu Marine Service ha sviluppato un progetto per la ricerca di materiali innovativi, al fine di valutare le alternative ecosostenibili agli imballaggi di polistirolo usati attualmente nel settore ittico. Il progetto è stato finanziato dal Fondo Europeo per la pesca FEP 2007-2013 misura 3.5 progetti innovativi.

La problematica

Il polistirene (comunemente chiamato polistirolo) così come la plastica, è un materiale che immesso nell’ambiente naturale provoca inquinamento. Questo materiale è uno dei tanti materiali derivati del petrolio, prodotto quindi, con una risorsa in via di esaurimento, e per questo sempre più costosa; ma si tratta anche di materiale estremamente inquinante in ogni fase del ciclo di vita: dalla produzione allo smaltimento che, se avviene mediante combustione, libera inoltre diossina.

Il polistirene non è biodegradabile e rimane inalterato nell’ambiente per decenni, con la possibilità di frantumarsi in piccoli pezzi anch’essi non biodegradabili ed ancora più insidiosi per via delle ridotte dimensioni.

Di polistirolo sono fatti la stragrande maggioranza degli imballaggi (cassette) utilizzate nel commercio ittico, impiegate per contenere il prodotto ittico dal momento del prelevamento della risorsa in mare, sino alla consegna al cliente finale, contenendo il prodotto per tutta la filiera produttiva e di distribuzione. Le casse di polistirolo sono caricate a bordo dei pescherecci e poi sbarcate con il prodotto fresco per effettuare l’asta al mercato ittico; dopo la vendita, sono di solito stoccate nei magazzini dei commercianti e/o consegnate direttamente ai clienti intermedi e finali.

Tale tipo di imballaggio attraversa quindi, tutte le fasi del processo produttivo e di distribuzione della filiera ittica e viene poi, una volta assolta la sua funzione, normalmente gettato nell’indifferenziata. Il polistirolo potrebbe essere infatti riciclato e reimmesso, dopo opportuni trattamenti, nel ciclo produttivo, ma la filiera per effettuare tale attività è complessa e presenta alcune criticità tra cui le principali:

– estrema differenziazione dei soggetti utilizzatori finali dell’imballaggio (dettaglianti, grossisti, ristoratori, consumatori finali, ecc.);

– imballaggio ingombrante con un peso specifico molto basso.

Una volta utilizzato il prodotto ittico in esso contenuto, lo stoccaggio delle casse vuote ha alcune controindicazioni, tra cui la principale è la necessità di sanificazione delle casse per evitare cattivi odori a causa della deperibilità dei residui del pesce misto ad acqua contenuti nelle cassette.

Il progetto nasce quindi dalla necessità di trovare un’alternativa biodegradabile alle cassette in polistirene anche in virtù dei progressi tecnologici nel campo dei bio materiali ed in particolare dei bio polimeri.

Impatto sull’ambiente costiero

Il polistirene, se gettato in mare galleggia sino ad arrivare sulla costa, dove dopo qualche tempo si sgretola trasformandosi in granelli, inquinando sempre maggiori tratti di litorale. La frammentazione delle cassette di polistirolo rende questo materiale molto inquinante in quanto con lo sfaldamento della sua struttura, composta di granuli, diventa complicato e difficoltoso se non impossibile la sua eliminazione dalle coste.

L’impatto negativo sull’ecosistema marino è causato soprattutto dal fatto che il polistirene può entrare a far parte della catena alimentare dei pesci, cetacei e rettili marini (tartarughe). Alcuni studi ad esempio dichiarano che una ogni tre tartarughe marine trovate morte nel Mediterraneo hanno lo stomaco pieno di materiali plastici: quali sacchetti per la spesa, imballaggi e polistirolo espanso. Questi detriti sottraggono spazio al cibo, più normalmente provocano occlusione e morte dell’animale anche per problematiche legate al galleggiamento; infatti gli animali avendo ingerito polistirolo non riescono più ad immergersi e sono quindi destinati a morte quasi certa. Le stesse problematiche si ripercuotono sugli uccelli marini e sui cetacei nonché sui pesci che vengono poi pescati e venduti.

Una costa come quella marchigiana in cui l’industria turistica è molto sviluppata ed in cui le spiagge sono fonte di un importante risorsa turistica, la pulizia dei litorali è un elemento imprescindibile per promuovere il territorio. L’eliminazione del polistirene oltre quindi ad avere un impatto positivo sull’ambiente marino comporta benefici anche sull’ambiente costiero e sulla eco sostenibilità della filiera produttiva ittica in genere.

I materiali ecosostenibili

“BIO” come origine delle materie prime impiegate

Il prefisso “bio” posto prima della parola plastica o della parola polimero può indicare l’origine rinnovabile delle materie prime. In tal caso con bioplastica o biopolimero si intendono quelli ottenuti a partire da materie prime rinnovabili, invece che fossili cioè, per esempio, da materie prime di origine vegetale invece che dal petrolio.

– Biopolimeri di sintesi

Vi sono biopolimeri di sintesi, cioè ricavati mediante polimerizzazione all’interno di impianti chimici a partire da monomeri ricavati da fonti rinnovabili; e vi sono biopolimeri naturali, ovvero sintetizzati direttamente dagli organismi viventi, quali piante, animali, alghe, microorganismi e poi estratti dall’uomo per lo sfruttamento industriale.

Un esempio di biopolimero è l’acido polilattico (PLA) che si ottiene dalla fermentazione del destrosio ottenuto dall’amido di mais.

– Biopolimeri naturali

Un esempio di biopolimero naturale è l’amido, un altro è la cellulosa, prodotti entrambi dalle piante. Questi biopolimeri vengono estratti dalle fonti vegetali mediante processi fisici e possono essere sfruttati industrialmente sia nella forma in cui sono stati estratti che dopo modifica chimica.

I risultati

Il progetto ha previsto la sperimentazione di materiali bio-based cioè realizzati con materie prime naturali e/o biodegradabili, scelti in base alle caratteristiche tecniche dell’imballaggio che sono stati testati nelle condizioni operative tipiche del comparto ittico quali: contatto prolungato con acqua e ghiaccio, resistenza alle basse temperature, resistenza allo sfregamento e al maneggiamento dell’imballaggio. I test hanno avuto lo scopo di verificare la fattibilità tecnica di utilizzo di materiali alternativi utilizzati attualmente in altri settori produttivi.

I test effettuati hanno determinato l’individuazione di interessanti materiali ecosostenibili in sostituzione dell’EPS, che sono già disponibili sul mercato.

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